Due sono le piazze di Pinasca intitolate alla memoria dei Militari internati Italiani: Piaz-za I.M.I. e Piazza Armando Bertetto.
Armando Bertetto era nato il 2 8 gennaio 1919 a Castelnuovo di Pinasca. Venne arruolato come soldato nel 1 ° Reggimento di Artiglieria Alpina ed inviato sul fronte balcanico. In seguito agli eventi dell’8 settembre 1943 fu catturato e condotto in Germania nello Stammlager VI C – matricola 9 369 9 – dove venne adibito a lavori estrattivi . Minato nel corpo dalla tubercolosi, che lo aggredì nel corso della prigionia a motivo de I lavoro disumano al qual e fu sottoposto unita­mente alle privazioni che la vita del lager imponeva, fu ricoverato nell’ospedale di Treysa, in Assia. Lì moriva, all’età di venticinque anni, il 9 settembre 1944 alle ore 23.00.
Venne inumato, in prima sepoltura, il 1 2 settembre nel cimitero dello Stalag IX A e successivamente riesumato, negli anni ’50 , il suo corpo trovò degna sepoltura ne I Cimitero Italiano d’Onore di Francoforte sul Meno – Posizione tombale: riquadro D , fila 1 , tam ba 15 – La figura di questo militare , silenzioso e resistente, è un valido esempio di adesione ai valor i della Libertà ed ella Democrazia. La piazzetta che oggi è intitola- ta al suo nome ci induce a riflettere sull’immane sacrificio che fu compiuto dai resistenti per permettere alle generazioni future di vivere nella Pace alla luce de i diritti e dei do­veri emanati dalla Costituzione della Repubblica Italiana.

Internati Militari Italiani (ltalienische Militar-lnternierte – IMI) fu il nome ufficiale dato dalle autorità tedesche ai soldati italiani catturati, rastrellati e deportati nei territori del Terzo Reich nei giorni immediatamente successivi alla proclamazione dell’Armistizio di Cassi bile (8 settembre 1943). Dopo il disarmo, soldati e ufficiali vennero posti davanti alla scelta di continuare a combattere nelle file dell’esercito tedesco o, in caso contrario, esse­re inviati in campi di detenzione in Germania. Solo il 10 per cento accettò l’arruolamento. Gli altri vennero considerati “prigionieri di guerra”. In seguito cambiarono status divenendo “internati militari” (per non riconoscere loro le garanzie della Convenzione di Ginevra), ed infine, dall’autunno del 1944 alla fine della guerra, “lavoratori civili”, in modo da essere sot­toposti a lavori pesanti senza godere delle tutele della Croce Rossa loro spettanti. Al netto delle vittime, dei fuggiaschi e degli aderenti della prima ora, nei campi di concentramento del Terzo Reich vennero dunque deportati circa 71 O.ODO militari italiani con lo status di IMI e 20.000 con quello di prigionieri di guerra. Entro la primavera del 1944, altri 103.000 si dichiararono disponibili a prestare servizio per la Germania o la RSI, come combattenti o come ausiliari lavoratori. In totale, quindi, tra i 600.000 e i 650.000 militari rifiutarono di continuare la guerra al fianco dei tedeschi »