Le Balze

Appena fuori del paese alla pietra miliare, inclinata seguendo la pendenza del terreno, del 52 km. della Strada Provinciale 023 del Sestriere c’è la località delle Balze. Il nome deriva da una frazione, a monte del ponte su di un rio, evacuata in ventiquattro ore dagli abitanti per un pericoloso franamento del terreno di circa quattro metri, all’inizio del 1800. Al ponte delle Balze è legato ad uno svi­luppo industriale del paese che, purtrop­po non è mai esistito. Nell’anno 1924, Antonia Moggia rappresentante di una fabbrica di macchinari per la costruzione di Malnate piastrelle e (Co) mattoni acquistò, come intermediario per conto della ditta lariana, da alcuni proprietari il terreno delle Balze per estrarre l’argilla. Le stoviglie e le ceramiche fabbricate con la terra pinaschese risultavano molto resi­stenti e l’intenzione dell’industria lombar­da era quella d’impiantare una fabbrica a Dubbione. Anche per le pressioni del sig.Moggia, che nel frattempo aveva sposato a pinaschese Clementina Bertocchio, era­no già stati acquistati i terreni necessari e pure stipulato un contratto con la tranvia per il trasporto dell’argilla, ma la fabbrica non si costruì perché il Genio Civile non acconsentì a far eseguire gli scavi per l’estrazione della materia prima addu­cendo motivi d’equilibrio del terreno.
Lungo è l’elenco di grandi, medie e piccole imprese che hanno lavorato per l’A­nas in questo breve chilometro: nel 1928 la ditta Ferdinando Fornergreggio di Venaria raccolse tutte le sorgenti d’acqua a monte della strada canalizzandole e togliendo !’acque stagnanti, rifece il ponte con blocchi di pietre alla base e delle grosse putrelle. Il ponte fu minato, forse per sbaglio nel 1945 e pare che lo scop­pio fu una causa di un ulteriore smottamento del terreno.
La disastrosa alluvione del 1948 arrecò un danno enorme cancellando il vecchio bastione costruito nel 1922 dal Genio Civile per contenere l’acqua del Chisone che minacciava di far franare definitivamente la statale. L’Anas intervenne d’urgenza tramite l’impresa Gillio di Borgone che eseguì oltre mille gabbioni (sacchi di pietre trattenute in maglie di ferro) per arginare l’acqua.
Il muraglio­ne in cemento armato venne ricostruito nel 1957 dall’impresa dell’ing. Bullio con l’aggiunta di una piccola galleria di raccolta delle acque che attraversava soltanto la strada. Il lavoro più imponente delle Balze avvenne nel 1958 con l’impresa nazionale S.I.C.O.S. La società per opere spe­ciali costruì una galleria di drenaggio e risanamento lunga 150 metri con pendenza del 2 – 3 per cento, partendo a livello zero del torrente Chisone seguendo la falda argillosa fino a 40 metri di profondità, a monte del ponte furono costruiti ogni 10 metri dei filtri che scaricavano nella galleria per l’evacuazione dell’acqua sulla su­perficie argillosa fino al Chisone. Gli operai lombardi, veneti, strinsero ottimi rap­porti di amicizia con quelli pinaschesi.Le “talpe delle Balze” incontrarono notevoli difficoltà, fu necessario anche modificare il percorso, ogni dieci metri di scavo era­no necessari dei pozzi usati per vie di sicurezza talmente il terreno era friabi­le.L’Anas bilanciò allora per il progetto 850 milioni, ma a lavori eseguiti si superò il miliardo. La gente che transita sulla strada si domanda il perché non sia stato an­cora costruito un grosso ponte. Effettivamente vent’anni fa era stato approntato un progetto di circonvallazione dell’abitato di Pinasca con un ponte in prossimità delle Balze, ma questo forse è sepolto in qualche cassetto dell’Anas non ritenendo l’Ente Nazionale un’arteria importante della Penisola. Il terreno delle Balze costi­tuito in profondità da 30 metri d’argilla purissima e poi da strati di sabbia, oggi ten­de a slittare obliquamente verso il Chisone. Anni fa il movimento era in senso verti­cale cioè il terreno sprofondava , ora scorre passando sotto il muraglione del Chi­sone. Gli anni di maggiore caduta di pioggia registrano i maggiori movimenti del terreno.

TRATTO DA:” La mancata fabbrica di cocci (i tupin). Gli uomini-talpa del 1958. Il ponte mai costruito.” DI Giovanni Berger